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AUGUSTO PER LA VITA


    

Ci sono canzoni che continuano a vivere nei cuori di quei giovani che ormai sono padri e madri e che come “geni” hanno trasmesso ai loro figli, a dimostrare che le grandi tematiche dell’esistenza diventano un “ sentire comune” tanto da vanificare il salto generazionale. E il grande popolo “nomade” che si è formato negli anni Sessanta e Settanta al seguito di un gruppo di giovani emiliani le cui canzoni sono state e sono la sua bandiera. Beppe Carletti e Augusto Daolio nel 1962 diedero vita a “I Nomadi” insieme a Franco Mitili , Gabriele Capellini e Gianni Coron.

Nelle loro canzoni denunciavano il grande disagio di una gioventù che si sentiva testimone occulta dell’olocausto, il suo malessere per una società in crisi di identità, l’impostazione religiosa retta sull’ipocrisia e sul perbenismo. Nel 1966 il leader carismatico del gruppo, Augusto Daolio, con quella voce inconfondibile, forte, rabbiosa ma sincera, cantava: “come potete giudicar, come potete condannar, che vi credete che noi siam, per i capelli che portiam….. “ manifesto di una generazione che non voleva essere giudicata dai pregiudizi e dalle impostazioni della società.

Un gruppo, quello dei Nomadi, da sempre, etichettato come “politico” solo perché le sue canzoni sono sempre state soprattutto “sociali”. Con “Auschwitz” non hanno fatto dell’ideologia ma cantato un momento della storia; con “Dio è morto” hanno cantato la spiritualità e la speranza e non il materialismo come qualcuno ebbe a pensare in quel periodo. I temi ricorrenti nella produzione nomade sono certamente fatti drammatici, ad esempio la pena di morte, ma anche le amicizie, gli amori, le leggende popolari, i sogni. Anche le storie drammatiche alla fine lasciano sempre spazio alla speranza. Ed è proprio questa la filosofia nomade: Riflettere e Sperare.

Il viaggio dei “filosofi vagabondi” iniziato nel lontano 1962 ha visto alternarsi tanti momenti di gioia, di trionfi, ma anche tanti momenti duri, tante battaglie perse; presi a sassate da chi non capiva, censurati da chi invece capiva. Indifferenti alle critiche hanno continuato sempre il loro cammino con la convinzione che seguendo i loro ideali il tempo gli avrebbe dato ragione. Fuori da ogni business, da ogni logica commerciale sono rimasti sul palco a dire la loro, sfidando le tante mode che sono affermate e sfatte nel trentennio della loro attività. Hanno macinato musica e chilometri, più di duecento concerti all’anno; con una discografia impressionante Augusto ha raccontato a tre generazioni la vita fatta di gioie e di dolori, spiegando perché cantava con rabbia o con amore. Credeva soprattutto nei rapporti umani, dialogava con grande disinvoltura dal palco con il suo pubblico, quel giovane, che appena ultimata la scuola dell’obbligo andò a lavorare per aiutare la famiglia ma incominciò a divorare libri, a scrivere, a comporre, a disegnare, a dipingere; attività queste frutto delle sue capacità naturali e distintive, mai schiave di un metodo. Un’autodidatta pieno di curiosità. Amava viaggiare, visitare le città d’arte, i luoghi ricchi di reperti archeologici, soprattutto conoscere persone con le loro tradizioni, amava l’aspetto magico e segrete delle cose. Un cosmopolita con un profondo legame con la sua terra di origine: “un uomo del mondo, un uomo del mio tempo, ma anche un uomo antico”. Gli anni Novanta cominciano alla grande per i Nomadi: apprezzamenti, critiche positive, inviti, apparizioni in tv; ritorna l’antico splendore.

Il “viaggio” dopo un po’ si interrompe. Augusto non riuscirà ad essere più forte della malattia. Sarà portato via da un tumore la mattina del 7 ottobre 1992. Dopo 45 anni vissuti intensamente lascerà la compagna Rosanna Fantuzzi, l’amico Francesco Guccini e il suo gruppo con Beppe nella più buia disperazione. In quel momento le domande esistenziali (perché proprio lui?) s’intrecciavano con quella più concrete (che ne sarà della band senza il carisma di Augusto?).

Il giorno dei funerali migliaia di persone, amici e fan, arrivate da ogni parte d’Italia lasciarono delle offerte, una cifra importante che fu donata, pensando alla malattia di Augusto, come borsa di studio per la ricerca alla Fondazione per la Formazione Oncologica di Milano. Fondare un’associazione benefica forse sarebbe stata la molla per far ripartire quel viaggio bruscamente interrotto. L’associazione “Augusto per la vita” nasce proprio il giorno dell’ultimo saluto al filosofo dei Nomadi per ricordarlo in modo costruttivo. L’associazione è cresciuta molto, intorno ad essa sono nate centinaia di manifestazioni per sostenerla; la raccolta personale, i concerti di cantanti e gruppi più o meno famosi, gli allestimenti di mostre delle opere di Augusto in luoghi suggestivi come la Basilica di Santa Croce a Firenze e la Basilica di San Francesco ad Assisi. La presidente dell’associazione Rosanna Fantuzzi in questi giorni ha presentato la seconda edizione di un calendario preparato per ricordare Augusto attraverso foto, disegni, dialoghi, testimonianze d’affetto che continuano ad arrivare da ogni parte d’Italia. L’associazione finanzia borse di studio sulla ricerca oncologica e strutture ospedaliere che supportano i pazienti malati di cancro. Dal 2001 a sostegno si è iniziato un tesseramento annuale, che dà la possibilità ai soci di essere informati sulle iniziative svolte sul territorio italiano.(Per tutte le informazioni: www.augustoperlavita.it).

La tomba di Augusto nel cimitero di Novellara, non è più un luogo triste,. C’è una chitarra appesa, una maglietta, tanti ricordi e tante speranze. Il quotidiano pellegrinaggio sulla sua tomba dimostra che i fan non l’hanno dimenticato.

E’ proprio vero che “le persone muoiono quando le vuoi far morire”.

 

                                      Claudia Monaco