La direzione di SANPRISCO.NET
riporta su questo spazio un interessante documento redatto dal
Geologo incaricato dalla Amministrazione sulla questione Cava
Statuto negli ultimi due anni.
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Il Comune di San Prisco, da innumerevoli anni afflitto dalla
presenza sul proprio territorio di numerose cave, aveva vissuto tale
realtà in modo non dissimile da quanto accaduto in numerosi altri
Comuni ove l’incertezza negli indirizzi politici, sempre confusi con
un non ben chiarito intento economico – occupazionale, aveva
prodotto ben pochi sforzi per valutare appieno il bilancio costi /
benefici di un’attività che, come tutte quelle che sfruttano risorse
naturali non rigenerabili, avrebbe, nel tempo, prodotto gli esiti
che, oggi, esemplarmente, sono sotto gli occhi di tutti.
Al danno paesaggistico si sono sommati danni microclimatici ed
abbandono di attività agricole più prettamente riferibili alle
capacità ed alle vocazioni delle popolazioni locali.
Il grande interesse economico suscitato da attività edilizie
indiscriminate si sono protratte per decenni comportando il
dissennato sfruttamento di beni naturali sull’andamento del quale
ben poco hanno potuto leggi nazionali (invero evanescenti) e
regionali alle quali era stato affidato il compito di arginare (se
non regolamentare) le attività in parola.
La Regione Campania, nella fattispecie, aveva prodotto ben due leggi
(la 54/85 e la 17/95) attraverso le quali, in modo in verità poco
effiace, venivano introdotti concetti coercitivi sulle quantita’ e
sui perimetri impegnabili per la prosecuzione (in regime
transitorio) delle attività estrattive, in attesa del tanto
sospirato Piano.
In un ventennio di attività estrattiva esercitata “transitoriamente”
si sono verificati guasti da “arraffa – arraffa” camuffati
tecnicamente attorno a necessità di estrazione di materiale che
sarebbe poi servito per ricomposizioni ambientali mai seriamente
progettate e mai realizzate.
In tutto il periodo che va, in misura maggiore, dal 1985 al 1995 e
minore dal 1995 al 2005, le Amministrazioni Comunali assistevano
allo scempio del proprio territorio senza (quasi) battere ciglio
ostacolate, fra l’altro da incomprensibili atteggiamenti dei
Tribunali Amministrativi che con alcune sentenze riconsegnavano agli
estrattori i mezzi per contrastare i sia pure sporadici interventi
che i Comuni ponevano in atto per rivendicare un legittimo governo
del proprio territorio.
In questa fase assai diffusa è risultata l’evasione da parte dei
cavatori della corresponsione delle somme sull’estratto prescritto,
annualmente sia dalla legge 54/85 che 17/95. Ben raramente vi è
stato contenzioso in atti fra i Comuni ed i cavatori che, al più
hanno versato somme su autocertificazione dell’estratto, spesso non
in contradittorio con i responsabili tecnico comunali ed in assenza
dell’intervento dei tecnici regionali.
San Prisco, nonostante talune mobilitazioni dell’opinione pubblica
espresse attraverso delibere di intenti, non è riuscita a sottrarsi
al destino di altri Comuni e, addirittura, emanato il Piano
Regionale per le Attivià Estrattive, in extremis, tramite
conferimento di incarico tecnico, produceva osservazioni allo stesso
Piano prima che i termini scadessero.
Il lavoro tecnico non ha avuto un grande supporto dalla struttura
tecnica comunale sprovvisto perfino del Documento illustrativo del
Piano stesso e, quindi, all’oscuro della posizione del Comune
all’interno della programmazione. Si tenga conto del fatto che,
trascorso il termine delle ossrvazioni ed in vigenza del Piano, poco
altro sarebbe rimasto da fare per impedire allo stesso Piano di
realizzare i propri indirizzi che, come si dirà appresso interessano
direttamente la comunità sanprischese.
Ma cos’è il Piano Regionale per le Attivià Estrattive?
Il Piano Regionale delle Attività Estrattive, perviene ai suoi atti
conclusivi dopo circa un ventennio di attesa a partire dalla Legge
Regionale 54/85 che, nell’art. 2 ne preconizzava a breve la
formulazione.
Il Piano si propone, anche, di disciplinare l’attività estrattiva
nei termini tali da conseguire le finalità generali in modo che il
materiale da estrarre sia quantitativamente rispondente ai reali
fabbisogni regionali, nel rispetto della necessità di recupero ed
eventuale riuso del territorio interessato all’estrazione .
Altri obiettivi del Piano sono:
1.
la riduzione del consumo di risorse non rinnovabili anche
attraverso riutilizzo di materie prime seconde (inerti riciclabili);
2.
Sviluppo di attività estrattive in aree specificatamente
individuate;
3.
ricomposizione e, ove possibile, riqualificazione ambientale
delle cave abbandonate;
4.
incentivazione della qualità nell’attività estrattiva con
sistemi di controllo più efficaci rispetto a quelli utilizzati in
passato;
5.
prevenzione e repressione dell’abusivismo nel settore
estrattivo.
Attraverso, quindi la stima dei fabbisogni regionali, per materiali
estraibili, il P.R.A.E. passa alla formulazione di principi tecnici
ed amministrativi per il rilascio e per il controllo delle attività
di estrazione affidate in concessione.
Partendo, poi, da considerazioni sulle potenzialità minerarie di
interesse dei vari quadranti regionali (fatti corrispondere, grosso
modo con i territori delle cinque Province) vengono delineate le
disponibilità attraverso analisi di tipo geologico tecniche.
Su tali valutazioni si innestano, poi altri elementi di natura socio
economica ed antropica che hanno permesso al pianificatore di
portare in conto altre variabili di grande rilevanza quali il pregio
ambientale degli ambiti studiati, il loro degrado e la loro storia
estrattiva.
Con tale metodologia, il P.R.A.E. perviene alla perimetrazione di
aree di interesse per l’attività estrattiva.
Nell’art. 24 tali aree vengono così definite:
a)
Aree di Completamento;
b)
Aree di Sviluppo;
c)
Aree di Crisi
contenenti anche le:
·
Zone Critiche (zone di studio e verifica)
·
Aree di Particolare Attenzione Ambientale (A.P.A.)
·
Zone Altamente Critiche (Z.A.C.)
La diversa definizione indica per le varie aree diversa possibilità
di sfruttamento, tempistiche diverse ma univoche conclusioni che
comportano il ripristino finale.
Altra caratteristica comune a tutte le aree così definite è la
possibilità di estrarre materiale anche solo in funzione di un
ripristino ambientale come nel caso delle Aree di Crisi e delle loro
sottozone (Z.C., A.P.A. e Z.A.C.).
Ogni attività estrattiva è esclusa solo nei casi previsti dall’art.
7 delle norme di attuazione.
Sono perciò escluse le aree sottoposte ai seguenti vincoli:
-
Paesistico ed Archeologico ex T.U. 490/99;
-
Parchi ed aree protette di cui alla L.R. 17 marzo 1981, n. 11;
-
Aree boscate ex art. 14 L.R. 11/1996;
-
Aree date in Concessione per lo sfruttamento delle acque minerali
e termali, ex art. 27 R.D. 1427/1933;
-
Aree di tutela assoluta e zone di rispetto delle acque destinate
al consumo umano ex artt. 5 e 6 D.P.R. 24 maggio 1988 n. 236,
sostituiti dall’art. 21 del DLgs n. 1 del 11 maggio 1999;
-
Siti di Interesse Comunitario (S.I.C.) e nelle zone di protezione
speciale (Z.P.S.)
Inoltre sono escluse:
·
Aree caratterizzate da una morfologia carsica con evidenti indizi di
processi superficiali in atto;
·
Aree oggetto di interventi finanziati con fondi comunitari, statali
e regionali, finalizzati ad attività diversa da quella estrattiva;
·
Aree individuate nella pianificazioni delle Autorità di Bacino in
aree a pericolosità idraulica da esondazione elevata e molto elevata
oltre le aree a rischio frana elevato e molto elevato e, comunque,
ovunque le attività estrattive fossero vietate.
SAN PRISCO NEL PIANO
Il censimento effettuato dal Gruppo Tecnico Operativo del P.R.A.E.
della Regione Campania individua nel territorio del Comune di San
Prisco (CE) la presenza di sole cinque aree estrattive
identificate con i seguenti codici: 61081-02, 61081-03, 61081-04,
61081-05, 61081-06. Le cave sono state censite in località Masseria
Vignarella, Massria De Bottis, “Starzone” e due cave in località
Masseria Valenzano,
Trattasi di cave ormai dismesse presso le quali veniva estratto
materiale di natura vulcanica
Il censimento delle attività estrattive nel Comune di San Prisco
appare, però, incom-pleto in quanto non viene citata e cartografata
la famosa area di cava sita in località Croce Santa, a nord - est
del centro abitato.
Come noto il materiale estratto è di natura calcarea e le dimensioni
sono tali da comprendere aree dei Comuni limitrofi di Casapulla e
sia pure in minima parte, di Casagiove.
Trattasi della cava calcarea detta “Croce Santa” o “Cava Statuto”
che dai riscontri documentali del piano risulta assegnata al Comune
di Casapulla con il codice 61018 06.
Di tale errore fa ammenda, però, il Commissario di Governo per
l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella regione
Campania delegato ex art. 11 O.P.C.M. 3100/2000, parzialmente
attuata con il “Censimento della Cave abbandonate, abusive o
dimesse” di cui all’Ordinanza Commissariale 220/2002 nel “Piano di
Recupero del Territorio della Provincia di Caserta Compromesso
dall’Attività Estrattiva delle cave abbandonate, abusive o dimesse”.
Nella documentazione del censimento svolto, esiste della cava una
scheda tecnica relativa al censimento della suddetta cava con
relativo numero di codice.
Le cave censite nel territorio di San Prisco, quindi, sono le
seguenti:
Codice |
Località |
materiale estratto |
61081 02 |
Masseria Vignarella |
Piroclastico - Tufi |
61081 03 |
Masseria Valenziano |
Piroclastico - Tufi |
61081 04 |
Masseria Valenziano |
Piroclastico - Tufi |
61081 05 |
Masseria De Bonis |
Piroclastico - Tufi |
61081 06 |
Starzone |
Piroclastico - Tufi |
61081 NA |
Croce Santa |
Calcare |
Tutte le aree sono cave non dichiarate e considerate
“abbandonate”, tranne la cava “Croce Santa” dichiarata
“chiusa”.
Per cava “abbandonata” si intende l’area in cui l’attività
estrattiva è cessata prima dell’entrata in vigore della L.R. n.
54/1985 e sue modifiche ed integrazioni.
Per cava “chiusa” si intende una cava dimessa (con cessazione
dell’attività estrattiva in assenza del prescritto recupero
ambientale) o la cava con istanza di prosecuzione dei lavori
rigettata.
Circa l’appartenenza delle singole cave ad aree perimetrale nel
P.R.A.E, quattro di esse (Vignarella, Valenziano I e II e De Bottis)
non vengono incorporate in alcuno dei perimetri delle aree di
sviluppo e di completamento e per esse vale l’art. 31 delle norme di
attuazione.
Per dette cave è ammessa, secondo le prescrizioni riportate nel
menzionato articolo, l’estrazione solo per la ricomposizione e/o
riqualificazione ambientale. Detto articolo, infatti, disciplina: “la
coltivazione ai fini della ricomposizione ambientale e/o
riqualificazione ambientale delle cave abbandonate non ricomprese
nelle A.P.A. e nelle aree di completamento e di sviluppo”.
Sarebbero concesse estrazioni per un periodo non superiore ai tre
anni, non prorogabili. I soggetti attuatori potrebbero essere
pubblici o privati riuniti in Consorzi Obbligatori ed operanti nelle
aree di sviluppo del piano.
I costi del recupero sarebbero ottenuti dalla commercializzazione
del materiale estratto.
Per la cava Starzone vale l’art. 26 delle stesse norme: la cava è
inserita, infatti, nel Piano nell’Area di Sviluppo denominata S12
“Volturno sinistra, volume in linea di massima ipotizzato circa 87
milioni di m3 “
A tali 87 milioni di m3 contribuirebbero quelli
disponibili per un recupero ambientale della stessa cava. E’
prevista infatti, per tale articolo una estrazione è prevedibile
laddove le cave in attività nella Provincia non fossero in grado di
soddisfare da sole il fabbisogno provinciale senza posiibilità di
avviare alcuna altra attività estrattiva nelle aree di completamento
(cui San Prisco non è interessata).
Sulle basi dettate dal competente dirigente regionale, in queste
aree di sviluppo sarebbero programmate attività secondo una priorità
che favorisca le zone con presenza di cave abbandonate (come quella
in esame).
Per la cava “Statuto” vale l’art. 30 delle norme di attuazione.
Essa, infatti è inserita in un’area A.P.A. e, quindi nella logica
del Piano deve essere recuperata.
Anche in questo caso per il recupero può essere autorizzata
un’estrazione di durata massima pari a tre anni, con relativa
eventuale necessità di ampliamento delle aree impegnabili ai fini
dell’estrazione/recupero.
Le procedure sarebbero attivabili dal momento che le cave in
attività per il materiale estratto, non garantissero il fabbisogno
(regionale o provinciale non è chiarito…) per una quota pari al suo
30%.
AREA DI SVILUPPO - S32CE
L’area, ha una forma di “S” allungata da NW a SE, a ripercorrere le
falde del Tifata a partire, all’incirca dall’isoipsa di quota 100 m.
s.l.m.m. fino alla linea di vetta per una fascia lunga all’incirca
2,8 Km e di larghezza variabile fra 200 metri ed 800 – 900 metri.
Le tabelle di calcolo dei volumi estraibili indicano una
potenzialità per l’area di 8 milioni di metri cubi.
Per l’art. 26 delle Norme di attuazione, come detto, una estrazione
è prevedibile laddove le cave in attività nella Provincia non
fossero in grado di soddisfare da sole il fabbisogno provinciale
senza posiibilità di avviare alcuna altra attività estrattiva nelle
aree di completamento (cui San Prisco non è interessata).
Sulle basi dettate dal competente dirigente regionale, in queste
aree di sviluppo sarebbero programmate attività secondo una priorità
che favorisca le zone con presenza di cave abbandonate (come quella
in esame).
QUADRO DI SINTESI PER SAN PRISCO
Cave Codice |
Area di Sviluppo |
Area di Crisi |
Norma da applicare |
61081 02 |
------ |
------ |
Art. 31 N.A. |
61081 03 |
------ |
------ |
Art. 31 N.A. |
61081 04 |
------ |
------ |
Art. 31 N.A. |
61081 05 |
------ |
------ |
Art. 31 N.A. |
61081 06 |
S12 CE |
------ |
Art. 26 N.A. |
61081 NA |
------ |
AC.C.1 (A.P.A. C.1) |
Art. 30 N.A. |
------- |
S32 CE |
------ |
Art. 26 N.A. |
OSSERVAZIONI
Sulla base dell’escussione dei documenti in cui è presentato il
Piano Regionale delle Attività Estrattive e di tutti glia altri
elementi raccolti in fase di riscontro si sono effettuate le
osservazioni previste dall’art. 2 della Legge Regionale n. 54 del
13.12.1985, come modificato dall’art. 1 della Legge Regionale n. 17
del 13.04.1995.
Tali osservazioni, sinteticamente, per le ragioni specificate in
precedenza portano ad escludere il territorio di San Prisco da ogni
e qualunque attività estrattiva inerente le seguenti cave definite
“abbandonate”, sia pure da effettuare per scopi di ricomposizione
ambientale
codice |
località |
materiale estratto |
61081 02 |
Masseria Vignarella |
Piroclastico - Tufi |
61081 03 |
Masseria Valenziano |
Piroclastico - Tufi |
61081 04 |
Masseria Valenziano |
Piroclastico - Tufi |
61081 05 |
Masseria De Bonis |
Piroclastico - Tufi |
61081 06 |
Starzone |
Piroclastico - Tufi |
61081 NA |
Croce Santa |
Calcare |
Si è inoltre considerata l’Area di Sviluppo S32 CE, dalla quale
estrarre calcare, per la quale si è pervenuti alle seguenti
osservazioni:
·
Il potenziale estrattivo esposto pari ad 8 milioni di m3
è ricavato da un calcolo errato che, ripetuto con gli stessi
parametri utilizzati dall’estensore del Piano, ammonta a 0,8 milioni
di m3;
·
Tutta l’area è da escludere da attività estrattiva per
l’applicazione ad essa dell’art. 7 delle Norme di Attuazione del
Piano Regionale delle Attività Estrattive.
È evidentissima la profonda differenza tra i due valori, valicata
dalla costatazione delle reali dimensioni dell’area ma anche della
sua forma stretta ed allungata.
ALTRE OSSERVAZIONI INERENTI LE QUESTIONI SOVRACOMUNALI APERTE DALLA
PERIMETRAZIONE DELLE AREE DI SVILUPPO DENOMINATE NEL PIANO CON I
SIMBOLI S12CE ed S32CE VANNO AFFRONTATE EVIDENTEMENTE NELLE SEDI
OPPORTUNE, SEDI CUI L’ESPRESSIONE DELLE OSSERVAZIONI PRESENTATE
DIRETTAMENTE CONDUCONO, APRENDO UNA POSSIBILITA’ INTERATTIVA CON
ALTRI COMUNI PER LA VALUTAZIONE DELLA PORTATA DI IMPATTO CHE, I
SINGOLI TERRITORI ED I COMPRENSORI RELATIVI DOVRANNO PORRE IN CONTO
IN VISTA DEL COORDINAMENTO DI UN’AZIONE COMUNE A DIFESA DELLE
PROGRAMMAZIONI PREVEDIBILI E SOSTENIBILI; ESPRIMIBILI IN CHIAVE
URBANISTICA E DI SVILUPPO SOCIALE.
COSA E’ ACCADUTO ALLE OSSERVAZIONI PRODOTTE DAL COMUNE?
In seguito a ricorso al PRAE presentato da alcune aziende del
settore estrattivo (tra cui Moccia di Caserta) la magistratura
nel dicembre 2005 ha sequestrato il PRAE all’epoca presentato
e in fase di osservazione.
Le varie osservazioni, in particolare, sono state tutte analizzate e
commentate al tavolo tecnico, il quale ha prodotto due elaborati,
uno contenente le domande di osservazione e le risposte del tavolo
tecnico con relativo parere di accoglimento o respingimento, l’altro
contenente la normativa aggiornata in seguito all’accoglimento di
talune osservazioni.
In seguito, al sequestro da parte della magistratura, avvenuto prima
della pubblicità da conferire al Piano così emendato, il PRAE è
stato commissariato.
Commissario è stato nominato l’assessore ai LL.PP. nonostante la sua
incompetnza rispetto a quella detenuta dall’assessore alle attività
produttive.
Quindi oggi il PRAE è passato di competenza dell’Assessorato ai
LL.PP.
L’assessore ai lavori pubblici ha nominato come Sub Commissario l’Ing.
Morrone, Capo del Genio Civile di Napoli. Egli è il nuovo
responsabile del PRAE Campania.
Il tempo trascorso tra ricorso e nuovo commissariamento (n.d.r.
anche prima il PRAE era commissariato nella persona dell’assessore
alle AA.PP. Alois) ha prodotto come risultato la mancata analisi
delle osservazioni da parte della commissione consultiva finale che
avrebbe dovuto recepirle per proporle al Consiglio Regionale per la
definitiva approvazione.
Per le ragioni suddette e per la scadenza del mandato elettorale
affidato al Consiglio regionale scorso, il PRAE non fu approvato.
Ad oggi l’assessorato ai LL.PP. ha nominato una nuova commissione
coordinata dall’Ing. Morrone che sta rielaborando il piano per
riprendere poi l’iter di approvazione.
Per quanto riguarda le osservazioni di San Prisco, non è possibile,
al momento, fornire informazioni in merito alle osservazioni
prodotte poichè tali informazioni risultano segretate dal
Magistrato.
Non è improbabile una riproposizione delle stesse, magari
modificate, nel momento in cui il nuovo Piano fosse reso pubblico
alla stregua di quello iniziale, poi sequestrato.
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