La
scoperta nei 1970, in località Ponte S.Prisco di una tomba a cassa
dipinta fu solo la premessa del ritrovamento, nello stesso sito, due
anni più tardi di altre 16 tombe sannitiche, 10 delle quali dipinte.
Ai margini nord-orientali della antica città di Capua era situato un
lembo della necropoli di IV-III secolo a.C. ed alcune
tombe
erano raggruppate in un recinto. Tutte, ad eccezione di due di
neonati che risultarono prive di qualsiasi oggetto, avevano
interessanti corredi con
vasellame,
ornamenti personali, in qualche caso anche d'oro, e armi che ne
indicarono l'appartenenza all'aristocrazia locale. Questa era
costituita da possidenti terrieri, di cultura fortemente ellenizzata,
in grado di fornire e mantenere gli equites per la cavalleria. Le
pitture presenti per lo più sui lati brevi delle tombe a cassa o a
camera mostrano infatti un cavaliere (tt. 3 e 14) che in un caso (t.
13) combatte contro un guerriero appiedato, o un oplita (ossia un
fante armato di lancia e difeso con elmo e scudo) (tt. 16 e 8), o
donne (tt. 1, 9 e 14) che sorreggono fra le mani oggetti del mondo
femminile (specchio, fuso) o offerte (piatti, vasi per bere,
uccelli).
Le pitture, dallo schema piuttosto semplice, derivano dalla
tradizione greca come si coglie per esempio dalla posizione delle
mani delle donne nelle tombe 1 e 9, studiata per dare l'illusione di
profondità spaziale, mentre i costumi maschili e femminili sono
tipicamente campani. Ritroviamo infatti indosso alle figure
femminili vesti dagli ampi bordi ricamati e copricapo a zucchetto in
uso alla fine del IV secolo a.C.; mentre gli uomini, tutti
caratterizzati come guerrieri,
indossano una corta tunica con cinturone, a volte dorato, e si
difendono con elmi dalle lunghe piume verticali, con schinieri e
scudi mentre sono pronti a colpire con lance dalle cuspidi di ferro
del tutto analoghe a quelle realmente presenti nelle stesse tombe.
Diversamente dalle tombe pestane e da poche altre capuane trovate
nel XIX secolo, nèlle quali la decorazione si svolge in scena
continua su tre o quattro lati della cassa o della camera, in queste
sui lati lunghi si trovavano a volte (tt. 3, 10, e 13) delle nicchie
con un pilastro centrale, dipinto o a rilievo, che contribuivano a
dare l'illusione di sorreggere la cornice aggettante che, decorata
con ovoli o con un tralcio, coronava le pareti laterali e sosteneva
la copertura.
Importanti elementi per la datazione sono forniti dai materiali
ceramici posti a corredo del defunto. Gli
skyphoi con orlo appena
svasato, le kylikes con piede ad anello e i vasi a figure rosse
delle tombe 7, 8, 12, 14, 17 e 10 permettono di datarle al 350-340
a.C. circa; lo skyphos dal profilo molto mosso e soprattutto i
vasi "tericlei"
ossia a vernice nera, baccellati e con particolari suddipinti in
giallo delle tombe 1 e 9 ne fanno scendere di poco la datazione
(330-310 a.C.) che va posta tra la fine del IV e gli inizi del III
secolo a.C. per le tombe 3 e 16, in cui troviamo i crateri a campana
e a calice dall'orlo molto ampio, il kantharos dal fondo
schiacciato, e i piatti con palmette impresse.
Va notato particolarmente il corredo della tomba 14 per la presenza
di sette vasi a figure rosse attribuiti al Pittore di Issione, un
ceramografo campano, attivo tra il 350 e il 325 che soprattutto
nell'anfora con Perseo e Andromeda e nell'idria con le ninfe al
bagno si rifà con perizia e felicissimi risultati a modelli
precedenti.
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