LA
VITE
Narra
un’arcaico mito greco che, quando la vite non era ancora conosciuta e
coltivata, essa usava arrampicarsi sugli alberi, formando una foresta
vegetale da cui zampillava il rosso succo dei suoi frutti.
Un
giorno, il giovane dio
Dionisio, arrivato presso la foresta e accortosi dei rossi
grappoli, si ricordò degli insegnamenti della sua nutrice Rea e decise
di ricavare il vino da quei grappoli.
In questo mito troviamo la presenza di Rea, la grande dea di Creta, che
regnava su piante e animali e di Dionisio, il dio smembrato e
resuscitato.
La
prima è simbolo della vita che fluisce perennemente, il secondo è il
simbolo della vita che si rinnova nella metamorfosi continua di vita e
morte delle sue creature.
Rea è
la grande madre che dà la vita al mondo vegetale e animale e quindi
anche alla vite, Dionisio è il dio bambino che esalta la vita tramite il
succo del frutto della vite. Secondo Mircea Eliade “la vite era
l’espressione dell’immortalità appunto come il vino è restato nelle
tradizioni arcaiche il simbolo della gioventù e della vita eterna”.
Il
rapporto fra Dionisio e la vite è il rapporto fra l’uomo e le energie
nascoste della natura che hanno il potere di trasformare e rinnovare la
vita. In questa ottica le feste in onore di Dionisio diventano
occasioni, per liberare l’uomo dai vincoli, dalle condizioni della sua
esistenza quotidiana e proiettarlo in una dimensione sovrannaturale.
L’orgiasmo
delle feste dionisiache porta ad uno stato di estasi e di follia in cui
ognuno si sente riconciliato con i suoi simili e con la natura intera.
“Nel
vangelo dell’armonia universale ognuno si sente non soltanto riunito,
riconciliato, fuso con il suo prossimo, ma addirittura uno con esso,
quasi che il velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse ormai in
brandelli davanti alla misteriosa unità originaria. Cantando e danzando
l’uomo si manifesta come membro di una comunità superiore”
(Friedrich Nietzsche).
Il
culto di Dionisio era talmente radicato nella tradizione popolare che
sopravisse all’evangelizzazione dei primi tempi. Ancora nel seicento,
nei cerimoniali per la spremitura del vino, i pigiatori evocavano il dio
gridando incessantemente il suo nome. Al che, il concilio di
Costantinopoli del 691 proibì questa usanza e dispose che al posto di
Dionisio fosse nominato il “Kirie eleison”.
Ma la
vera trasformazione la fece il Cristo stesso che paragonò se stesso alla
vite e, nel mistero dell’eucaristia, fece diventare il vino il suo
stesso sangue. Il dio pagano ucciso e risorto diventa così il dio
cristiano e la simbologia pagana legata alla vite e al vino si
trasferisce alla simbologia cristiana.
Numerosi sono nei vangeli i riferimenti alla vite e al vino.
Nell’episodio dell’Ultima Cena, il Cristo rivolto agli apostoli
dichiara: “.. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io
in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. .. Se
rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quel che volete
e vi sarà dato…” (Giovanni 15,1-8).
È il
nuovo messaggio, la nuova promessa: all’uomo non serve più affidarsi a
Dionisio e alle sue cerimonie orgiastiche per elevarsi dalla sua
condizione terrena. Da oggi in poi basta ascoltare gli insegnamenti del
Cristo e seguire il suo esempio di vita per poter accedere allo stato di
beatitudine.
Silvano Parisen
Fonte Anna Russo –
Educazione Alimentare
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