Il vino con
i trucioli
Paolo Massobrio si occupa da venti anni,
come giornalista, di economia agricola ed enogastronomia: il suo parere
sul vino ai trucioli.
Il vino al truciolo fa male al gusto e alla
cultura.
Che si arrivasse a questo non ce lo saremmo
mai immaginati.
Che il Comitato di Gestione dei vini a
Bruxelles avanzasse la proposta di utilizzare i trucioli di legno per
fare i vini del falegname o i vini di Pinocchio, proprio non ci sta.
Ma che razza di Unione è quella che
appiattisce ogni differenza, sul cioccolato come sui vini, facendosi
tirar la giacca da un’inconfessabile progetto di omologazione che arriva
da lontano.
Avevamo sorriso un anno fa quando su Internet
fu scoperto un kit venduto in Canada con il quale si poteva fare il
Barolo o il Chianti in casa: acqua e polverine e il gioco era fatto: ti
davano persino le etichette.
Poi tre mesi fa la notizia che i giapponesi
avevano trovato il modo per invecchiare i vini precocemente (sic!),
mentre già la tentazione del truciolo aveva fatto breccia in California
e Australia.
L’Italia del vino a questo punto si
sente assediata, dopo aver giocato la carta delle sue diversità, dei
suoi vitigni antichi che sarebbero all’incirca mille, contro i quattro o
cinque dei cosiddetti "paesi emergenti".
E proprio quando anche in casa nostra s’era
smesso, da parte dei produttori che orecchiavano tendenze, di far pagare
ai consumatori il frutto delle proprie sperimentazioni in barrique,
proprio quando la breccia della qualità aveva invaso le cantine piccole
e grandi, ecco la mazzata.
Sì, certo, qualcuno sarà felice, soprattutto
chi è convinto che il vino importante sia quello che sa un po’ di quella
vaniglia lasciata dai tannini delle barrique nuove.
Coi trucioli risparmierà, e intanto potrà
continuare a fare quel vino noioso, "internazionale", talmente perfetto
che non ha neppure bisogno di essere buono.
Un giorno un anziano viticoltore mi ha fatto
questa osservazione: "Quando il vino non era buono si diceva che
sapeva ‘d bosch (leggasi legno)" e in quanto al cosiddetto vino
"fatto col bastone", siamo al ventennale di un epilogo che tutti
ricordano come lo scandalo del metanolo.
E pensare che da un lustro persino in America
girano etichette di vino con la scritta "no barrique" mentre a Terzo d’Acqui
il gourmet Francesco Battuello ha fatto una Barbera con la polemica
dicitura "non allevata in barrique". Figuriamoci coi trucioli.
Ora, partendo dal supposto che il vino che sa
di legno non va neanche bene per celebrare la Santa Messa (dev’essere
infatti de gemine vitis e non corruptum), quello con i trucioli
è perlomeno diabolico.
Ma lo è nel senso che vuol togliere il gusto
dell’individualità, indebolendo quelle diversità di cui l’Italia è ben
ricca. Occorre resistere.
E chissà che qualche Camera di Commercio che
ogni anno dà il benestare ai vini doc e docg non incominci a usare la
matita rossa e blu, finalmente, per bocciare quei vini di Pinocchio che
adesso vorrebbero la patente europea.
Togliamogli almeno 20 punti: il vino
al truciolo fa male al gusto e alla cultura... se
lo riconosci lo eviti.
Fonte: Anna Russo – educazione alimentare –
www.supereva.it
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